Via degli Dei 2/5: Una foto, un video
“Il prossimo post lo farò pesto” cit. E invece sono passati 4 mesi. In mia difesa, è stata un’estate incredibile.
La mano
Tecnicamente è già il secondo giorno, ma è ancora notte fonda e io sto dormendo beatamente in posizione mummia, con le gambe dritte e le mani unite all’altezza dello stomaco. All’improvviso mi sveglio di soprassalto. Qualcosa mi ha toccato la mano, anzi no, ho sentito chiaramente due dita che mi toccavano la mano destra. “Vabbé sarà stato Dar” penso, ma non appena mi giro verso di lui noto che sta dormendo. Panico. Cos’è stato? In camera c’è buio pesto, non arriva nemmeno la luce della luna. La mia parte irrazionale mi obbliga a prendere il telefono e illuminare tutta la camera col flash prima di poter anche solo pensare di riaddormentarmi. Come prevedibile la mia accurata ispezione non rivela nulla e decido di richiudere gli occhi. Da qui in poi un mix di stanchezza e autoconvincimento di essermi sbagliato riescono a farmi riaddormentare.
Finalmente suona la sveglia, sono le 6, abbiamo un’ora per fare colazione e prepararci se vogliamo rispettare la tabella di marcia. Con fatica spegnamo la sveglia e guadagnamo la posizione seduta. I polpacci sono due pezzi di marmo, il pensiero di fare questa seconda tappa, che sulla carta si prospetta molto faticosa, mi spaventa un po’. Mentre, sempre con fatica, pronunciamo le prime parole per verificare di essere effettivamente entrambi svegli, il mio vicino di materasso matrimoniale mi rivela qualcosa di “strano” che gli è capitato durante la notte. Non ricordo nemmeno cosa mi avesse detto perché ho passato tutto il tempo a sforzarmi di lasciarlo finire di parlare al posto di ascoltarlo. Nell’istante in cui il tono della sua voce rivela che la sua frase è giunta al termine, mi metto subito a raccontare l’esperienza paranormale vissuta poche ore prima. Io tutto serio gli spiego per filo e per segno cosa è successo, ma lui mi liquida con un “ah scusa sono stato io, stavi respirando troppo forte”. Ancora non mi capacito di come sia stato possibile per lui toccarmi la mano e in un millisecondo tornare a dormire e soprattutto non accorgersi che ho illuminato l’intera stanza.
Drama mattutino
Per miracolo riusciamo a piegare le gambe per scendere le scale e, una volta arrivati in salone, scopriamo che la nostra notte è stata diversi ordini di grandezza migliore in confronto a quella dei poveri cristi che hanno dormito nella stanza per saccopelisti. Nella sala ci siamo solo noi, un ragazzo che ieri non avevo notato e Ariel. Quest’ultima è rannicchiata su una sedia in un angolo, non ha una bella cera. Dopo un paio di “buongiorno” a bassissimo volume ci viene raccontato l’incubo vissuto dagli altri. Innanzitutto ci viene mostrata una foto della doccia, ovvero una sorta di fontana in muratura con l’acqua che fuoriesce a cascata. Ma questo non è un problema, anzi, ci viene raccontato per ridere. Il problema è nato nel momento in cui la notte precedente sono state spente le luci: uno dei fratelli Legumi russa, e pure forte a quanto pare. Veniamo così a sapere che durante la notte Ariel non è riuscita a chiudere occhio e, disperata, a un certo punto è venuta in salone a dormire. Quando, increduli, chiediamo dove si sia appostata, ci indica un piccolo spazio tra il muro e il tavolo dove abbiamo cenato la sera precedente. Questa povera ragazza ha dormito per terra, al freddo, senza materassino, separata dal terreno solo da un tappeto nemmeno troppo spesso. La nostra stanza piena di cimici e mani fantasma a confronto ora sembra una suite presidenziale.
Mangiamo velocemente la colazione facendo due parole con il ragazzo e ci fiondiamo a chiudere gli zaini. In men che non si dica siamo di nuovo giù. Questa volta però la sala è un po’ più popolata, salutiamo velocemente il manipolo di giovani che d’ora in poi verranno ricordati come “le Piccole Raiede” e usciamo.
Gli adoni dell’Adone
Sono le 7:10 e noi siamo in piedi davanti alla Piccola Raieda, immobili, con lo sguardo fisso. Un ipotetico spettatore ci avrebbe presi per scemi, ma davanti a noi c’è il treppiede sui cui è montato il telefono che sta registrando un video delle nostre facce ancora un po’ addormentate.
Terminato il video di rito partiamo, per arrivare a Madonna dei Fornelli ci aspettano 25km e 1400m di dislivello circa, ma la strada parte in discesa, strano, soprattutto considerando che la salita per il Monte Adone dovrebbe cominciare a momenti. Purtroppo per noi la salita non si fa attendere molto. Si sale sul lato ovest del monte, c’è una bella vista, ma il cielo nuvoloso non permette di goderne appieno. Man mano che ci avviciniamo alla cima, le rocce diventano sempre più…strane. Si vedono chiaramente i vari “strati”. Purtroppo, nonostante un’adolescenza passata a leggere RatMan, ancora non ho ancora sviluppato un corretto vocabolario geologico. Faccio prima a mettere qua una bella foto.
Capita la cosa degli strati? Ma soprattutto, avete notato che a destra degli alberi si vede la croce del Monte Adone? MA SOPRATTUTTO, avete notato che poco sotto la croce si intravede una macchietta azzurra? Bene, quella macchietta azzurra è Joker, il ragazzo con cui abbiamo parlato stamattina a colazione. L’unico tra le Piccole Raiede ad essere partito prima di noi. In men che non si dica lo raggiungiamo alla croce, dove, purtroppo per lui, inizierà la sua agonia fatta di “una foto, un video”. Questo è il mantra di Dar: ogni volta che ci si ferma per fare una foto la procedura richiede un paio di foto, seguite da un breve video. Di solito questo rituale viene supportato da un treppiede o da una pietra. Oggi la nostra pietra sarà questo sventurato ragazzo.
Nella foto Dar è intento a mostrare lo stato della sua maglietta a poche decine di minuti dalla partenza.
Da qui in poi proseguiamo tutti e tre insieme. Scendendo dal monte incontriamo un gruppetto di quattro persone: due ragazze giovani, un ragazzo e il Valdostano! Sono senza zaino e stanno risalendo l’Adone all’indietro. Io e Dar non ci sorprendiamo in quanto il nostro riccioluto amico ci aveva avvertiti ieri del suo piano: andare direttamente al B&B su un sentiero differente e salire sul Monte Adone con più calma la mattina seguente, lasciando lo zaino al B&B e recuperandolo al ritorno. Nemmeno il tempo di aprire bocca e scopriamo che non siamo gli unici ad aver fatto conoscenze ieri: Joker conosce tutti tranne il Valdostano.
A questo punto faccio un paio di considerazioni che rompono completamente la narrazione cronologica dei fatti che con fatica stavo cercando di mantenere fino ad ora:
- presto impareremo che Joker conosce TUTTI. Non è un’iperbole. A tutte le persone che abbiamo incontrato in 5 giorni abbiamo chiesto due cose: se avessero incontrato Borbone e se conoscessero Joker. Le risposte saranno sempre, rispettivamente, “chi?” e “eeeeecccerto che lo conosco, abbiamo fatto la tappa X insieme!!!!!” seguito da risate.
- delle persone incontrate in questo momento rivedremo tutti, una di loro in particolare tornerà in un momento molto importante, un’altra addirittura ha letto il blog post precedente 🥹🫶 Ma siccome in quel momento nella mia testa c’era solo la voglia di scalare montagne, cancellerò istantaneamente e completamente sia nomi che volti di questi 3 individui e scoprirò di averli incontrati più di una volta solamente dopo la fine di questo viaggio, guardando i loro “diari di viaggio” su Instagram. Questa dinamica è stata veramente interessante: vedere la prospettiva delle altre persone incontrate durante il viaggio, vedere come hanno vissuto le tappe, le persone con cui hanno camminato mentre non erano con noi è stato veramente incredibile. Forse è colpa mia che ho creato un account su Instagram solo il giorno del mio 27esimo compleanno, il giorno successivo all’arrivo a Firenze.
Dopo esserci salutati, come stavo dicendo, sebbene le due ragazze fossero entrambe giovani e carine (perdonami Bob, tanto lo so che non stai leggendo :P), cancellerò completamente nomi e volti di tutti e tre dal mio cervello. Dopo esserci allontanati una decina di metri, Joker ci fa notare che i ragazzi appena incontrati, salendo sul monte Adone in quella maniera, non stavano rispettando del tutto il “sentiero ufficiale CAI”. Sul momento non ci soffermiamo troppo su questo, ma è un aspetto che tornerà.
Monzuno, Brianzdue
Da qui a Monzuno la strada è, lo ammetto, un pochino noiosa. Si cammina in leggera salita tra le colline. Per un’oretta abbiamo modo di chiacchierare con Joker, di cui notiamo anche il tatuaggio degli Articolo 31 (da cui lo pseudonimo) su un polpaccio. Le chiacchiere però vengono bruscamente terminate dalla salita, che monopolizza il nostro fiato. Lunga e costante, questa salita ci porterà (tra diverse ore) fino a Monzuno, dove abbiamo deciso di fermarci per la pausa pranzo.
A un certo punto il sentiero si affianca a una strada asfaltata. In genere nessuno preferisce camminare sull’asfalto rispetto allo sterrato, ma questo asfalto era particolarmente invitante. Davanti a noi il sentiero era un continuo saliscendi senza senso: salite con molta pendenza zigzagavano tra le piante per tornare pochi metri dopo al livello della strada, che era palesemente stata costruita spianando senza pietà le colline circostanti. Sulla carta oggi è una giornata impegnativa e Dar lo sa. Decide quindi di proporre il passaggio per la strada asfaltata, che segue fedelmente il percorso, ma evita un sacco di fatica. “Non è il sentiero ufficiale CAI” ribatte perentorio Joker. Dar cerca il mio appoggio, ma, per qualche motivo assolutamente illogico, evitare quella fatica chiaramente fine a sé stessa mi sembra un po’ come barare. Se l’esperienza prevede di fare una certa quantità di fatica, io voglio fare il 100% di quella fatica. Dar, comprensibilmente incredulo, accetta di essere in minoranza e ci segue, ma sempre esercitando il suo “inalienabile diritto alla lagna”.
La salita sembra infinita e il silenzio la fa da padrone, anche durante il nostro quotidiano superamento di Johnny nessuno ha del fiato extra per parlare, fino a che “Monzuno! Vedo Monzuno!”. L’euforia generale dura molto poco perché quel paese Monzuno non è, si tratta di Selve, il paese precedente. Poco male, mancano poche curve, sempre in salita ovviamente, e finalmente arriviamo a Monzuno, oggi 25 Aprile 2025, accolti come si deve.
Dopo pochi minuti, sempre accompagnati dalla salita, arriviamo nel centro del paese. Siamo tutti un po’ stanchi e sebbene siano le 11:30 decidiamo di anticipare la pausa pranzo, anche perché dopo Monzuno non ci saranno altri posti dove fermarsi a mangiare. Entriamo in un bar e la vista che ci si para davanti agli occhi ci lascia interdetti per qualche istante. All’ingresso ci si trova sulla sinistra un lungo bancone e sulla destra una sala abbastanza ampia con grossi tavoli di legno dove poter consumare il cibo acquistato al banco. La cosa che ci ha colpiti è però l’incalcolabile quantità di tazzine da caffé, tutte diverse, che ricoprono i muri del locale. Le migliaia di tazzine sono riposte in teche di vetro e legno appese ai muri. Al momento però siamo troppo stanchi per fare domande e ci prendiamo un paio di panini, ad integrare quelli che ci siamo fatti fare alla Piccola Raieda.
Finita la pausa pranzo ci rimettiamo in marcia, ma dopo nemmeno 30 metri siamo di nuovo fermi: c’è un’enorme cornice simile ad una cartolina che invitava a farci foto all’interno. Dar lancia il telefono in mano a Joker, ci mettiamo in posa e “una foto, un video” dice Joker mentre Dar sta ancora aprendo la bocca. Ormai ha imparato.
Foto, foto ovunque
Da qui in poi la salita non manca, Dar ci aveva avvisati che dopo il campo da calcio di Monzuno c’era una bella salita, e così è stato. Se non altro nel frattempo il cielo si è aperto e anche oggi abbiamo miracolosamente scampato la pioggia nonostante le previsioni meteo avverse. Il cielo azzurro ci ha spinti, per la felicità di Joker, a fare molto più foto del normale. Visto che alcune sono venute molto bene, da qui in poi ci saranno molte più immagini che testo :)
Dopo aver di nuovo superato Johnny (che non si si a fermato pranzare?) siamo anche passati davanti a Meraki, una realtà che avevo scoperto per caso qualche anno fa tramite un video su YouTube. Non avevo la minima idea che si trovasse qua, ma quando sono passato davanti al cartello ho subito collegato…che è strano considerando che non mi ricordo cosa ho mangiato ieri ed ora mi ricordo di un video visto anni fa solo vedendo un cartello.
Arrivati su questa muschiosa collinetta ci siamo fatti fare un milione di foto.
Di questa foto ci sono due versioni, la prima tagliava il simbolo del CAI, ma nella seconda è stato accuratamente inquadrato…coincidenze?
A questo punto non eravamo tanto distanti da Madonna dei Fornelli e visto il largo anticipo abbiamo deciso di fare…delle altre foto!
Quando siamo passati di fianco a questo campo Dar si è messo a strillare come una ragazzina 12enne di fronte ai Jonas Brothers nel 2008 (io non dimentico).
Nonostante una pausa su una panca ai piedi delle pale eoliche e un’infintià di micropause per le foto, arriviamo vicini alla meta abbastanza presto, non sono nemmeno le 15:30 e mancherà più o meno mezz’oretta. “Siamo sicuramente i primi, siamo partiti alle 7 e non abbiamo visto nessuno superarci” pensiamo, e probabilemente lo eravamo anche, se solo non fossimo stati superati in dirittura d’arrivo da una coppia di ragazzi e dal loro cane.
Tenete a mente quegli individui e quelle chiappette pelose (quelle del cane, non le mie), perché ovviamente torneranno, ma per ora niente spoiler.
Carboidrato mon amour
Sono le 16 meno 5, io e Dar siamo già all’Albergo Ristorante Poli, un posto a cui a quanto pare Dar tiene molto visto che me ne parla da mesi. Essendo che oggi ho perso la sfida di morra cinese al meglio dei 15, la doccia la farà prima Dar. Finite le docce ci lanciamo sui rispettivi letti e ci godiamo un’oretta abbondante sotto le coperte, un po’ a leggere, un po’ a dormire.
Verso le 18:30 decidiamo di andare a vedere com’è la situazione giù, per prendere una birretta di aperitivo e controllare chi delle Piccole Raiede sia arrivato. A un tavolo troviamo le Tre Marie arrivate da poco, ci fermiamo con loro a fare due chiacchiere. Dopo poco compare anche Ariel, distrutta. Ci racconta più nel dettaglio i retroscena della notte passata insonne e ci rivela di non essere riuscita a completare la tappa a causa del poco sonno di stanotte, si è quindi fatta portare in autostop per un bel pezzo.
Nel mentre si sono fatte quasi le 19:30 e stiamo morendo di fame, salutiamo tutti e ci lanciamo nel ristorante. Qui veniamo fatti sedere a un tavolo al centro della sala. Dopo una breve ispezione del menù ci rendiamo conto che i prezzi sono decisamente onesti (come anche per il pernotto) e tutto sembra buonissimo. Complici i camerieri che passavano tra i tavoli portando piatti incredibili, decidiamo di ordinare un piattone di ravioli a testa e, a seguire, un paio di pizze. Mentre attendiamo i piatti, i due ragazzi con il cane si siedono dietro di noi, ma non è ancora il momento di presentarli. Le nostre interazioni per oggi si limiteranno a un simpatico siparietto: Dar cercherà di leggere la lista dei panini da ordinare per l’indomani, scritta su una lavagnetta appesa proprio dietro uno dei ragazzi, facendo sembrare che lo stesse fissando. È stata una scena simpatica, abbiamo riso tutti insieme, ma è finita lì.
Sopraffatti dalla stanchezza e dal carboidrato, andiamo a pagare il conto e ci lanciamo di nuovo sotto le coperte. Alla fine è stata una tappa faticosa, ma assolutamente fattibile.